Tra anoressia, bulimia e obesità esistono più affinità che differenze e il lavoro terapeutico svolto con pazienti appartenenti a queste tre categorie ha sempre rivelato in modo inequivocabile che tutti i disturbi alimentari (…) hanno radici comuni.
Renate Göckel
Sovrappeso e obesità rappresentano la disfunzione nutrizionale più diffusa nel mondo (OMS) e una tra le questioni sanitarie più dibattute: sappiamo ormai da decenni che i danni a medio e lungo termine di sovrappeso e obesità sono molto gravi ma questa conoscenza non è ancora riuscita ad arginare il problema in modo significativo. Le agenzie sanitarie hanno a più riprese richiamato l’attenzione dei cittadini sui pericoli correlati al sovrappeso e all’obesità, ma la popolazione non ha risposto in modo omogeneo, con percentuali che oscillano tra il 30 ed il 50% delle popolazioni esaminate. Uno dei problemi che rende difficile affrontare in modo efficace il sovrappeso è che in molti paesi, compreso il nostro, non viene percepito per quello che è, ossia un problema di salute, al pari, di artrosi, diabete, allergia al fieno. Nel nostro ‘immaginario collettivo che inneggia alla performance e al culto del corpo magro, il sovrappeso viene spesso ritenuti una “scelta” individuale, un mero problema di “aspetto fisico”, di estetica o di “forma corporea” .
Il body shaming, e soprattutto il fat shaming, cioè la stigmatizzazione delle persone sovrappeso e i pesanti giudizi al loro aspetto fisico e alla loro presunta mancanza di forza di volontà per raggiungere un peso ideale hanno spostato drammaticamente l’attenzione dal nucleo primario del problema, che è la salute psico-fisica minata dal sovrappeso, a quello del giudizio sulla persona, rendendo molto difficile affrontare l’argomento del sovrappeso in modo aperto e realmente orientato alla soluzione del problema e alla salute.
Sovrappeso e obesità sono un fenomeno complesso, a origine multifattoriale, fortemente condizionato dagli stili di vita, dallo stress e dalle abitudini quotidiane.
Quando parliamo di sovrappeso e obesità intendiamo tutte quelle situazioni in cui il peso corporeo aumenta per accumulo di grassi nel tessuto adiposo, in quantità eccessiva rispetto alle necessità fisiologiche dell’organismo e comunque tale da determinare un rischio per la salute.
L’obesità è frequente ed in costante aumento: si è rapidamente diffusa in tutte le aree urbanizzate del mondo, sia nei paesi ad alto reddito che in quelli a basso reddito. Molti report sottolineano come l’elevato tasso di sovrappeso e obesità, che troviamo distribuiti in tutte le fasce di popolazione, compresa quella dei bambini e degli adolescenti, si associ a maggiore incidenza di numerose patologie e ad una ridotta aspettativa di vita.
Negli ultimi venti anni numerosi sono stati gli sforzi per invertire la tendenza epidemica di questo tipo di malnutrizione, e molto si è lavorato sugli stili di vita salutari e sull’educazione alimentare della popolazione.
Trattandosi però di una condizione complessa e di origine multifattoriale, con una componente psicologica ed emotiva molto spiccata, la frequenza di sovrappeso e obesità rimane alta, e questo richiede alle agenzie sanitarie nazionali ed internazionali un maggiore sforzo per contenere la diffusione di questo problema, soprattutto nelle fasce più a rischio, come quella delle donne che cercano una gravidanza o aspettano un bambino.
I programmi di dimagrimento e gli studi sugli effetti negativi del sovrappeso e dell’obesità sulla salute sono diffusi e capillarmente distribuiti sia sulle riviste del settore sanitario che nei media e sul web per la popolazione generale; non così diffusi e conosciuti purtroppo i programmi di educazione alimentare ed emotiva di bambini, adolescenti e delle loro famiglie, che potrebbero almeno contribuire significativamente a interrompere l’utilizzo del cibo in modo compulsivo e compensatorio.
Così come il peso corporeo e la forma, anche l’alimentazione viene ritenuta un fatto privato, una questione di scelte personali, con un basso/nullo margine di discussione.
Basti pensare a quanto è difficile aumentare il tasso di allattamento al seno materno nei primi sei mesi di vita del neonato e quanto invece siano diffusi e presenti nella nostra quotidianità i richiami a cibi pronti, confezionati, a snack e caramelle per capire come il problema del sovrappeso sia sotto gli occhi di tutti, insieme a molti dei suoi fattori di mantenimento, lasciati liberi di prosperare e fare danni.
Prendiamo le misure al problema: per standardizzare la diagnosi di sovrappeso e obesità si utilizza l’Indice di Massa Corporea (BMI, acronimo della terminologia anglosassone Body Mass Index).
Il BMI è un indice espresso come peso in chilogrammi diviso per il quadrato dell’altezza espressa in metri (kg/m2).
Pur essendo molto utile per misurare a spanne l’entità del problema nella popolazione generale e valutare l’andamento del soggetto in sovrappeso nel tempo, misurare il proprio BMI con metodi fai – da – te, basandosi solo sulla tabella sottostante senza un’analisi globale di massa magra, massa grassa, abitudini alimentari, attività fisica abituale e età anagrafica è fuorviante e controproducente. Cambiare il proprio peso corporeo e la propria immagine è sicuramente un desiderio legittimo, ma NON deve diventare una schiavitù e non deve mai essere più pericoloso il processo di cambiamento che il sovrappeso in se e per sè.
Quindi, quando si tratta del proprio corpo, occorre attenzione, rispetto, conoscenza e cura. Il fai da te, i rimedi da settimanale modaiolo o il passaparola sono pericolosi.
Una tra le più diffuse classificazioni del peso corporeo per gli adulti è quella riportata in tabella:
Classificazione
|
BMI
|
Sottopeso | <18,5 |
Normope | |
9 | |
> |
Secondo un modello integrato (medico-neurobiologico-psicologico) sovrappeso e obesità possono essere inquadrate come condizioni con cause multifattoriali, accomunate dalla presenza di un disturbo quantitativo e qualitativo del comportamento alimentare.
Secondo questo modello, diversi fattori sono determinanti perché possa manifestarsi la patologia:
fattori neurobiologici: alterato equilibrio dei neurotrasmettitori che regolano il bilancio fame sazietà (serotonina, dopamina, sistemi peptidergici). Tale alterazione sembra essere in parte ereditaria ed in parte acquisita durante la primissima infanzia a causa di comportamenti alimentari scorretti.
fattori metabolici: un rallentato metabolismo basale, scarsa attività fisica, riduzione dell’ossidazione lipidica si associano ad un aumentato rischio di andare incontro ad obesità.
fattori psicologici e socio-culturali: numerosi autori hanno cercato di delineare le caratteristiche psicologiche che sono ricorrenti nei soggetti con disturbi dell alimentazione e del peso. La difficoltà a gestire lo stress, intesa soprattutto come generale difficoltà a identificare e distinguere le emozioni che si provano e la difficoltà a riconoscere i propri bisogni sono caratteristiche piuttosto frequenti nei pazienti con un a lunga storia di sovrappeso e obesità.
Secondo una classificazione che tiene conto sia del comportamento alimentare sia dell’assetto cognitivo ed emotivo, si possono individuare tre principali tipologie di comportamenti che si associano a sovrappeso e obesità:
- l’iperfagia prandiale
- il grignottage
- il binge eating
L’iperfagia prandiale si caratterizza per l’assunzione di grandi quantità di cibo prevalentemente durante i pasti. Si tratta di un profilo caratterizzato dal piacere per il cibo, dal controllo sulle quantità assunte, dall’aspetto prevalentemente conviviale legato ai pasti e dalla assenza di malessere psicologico legato all’assunzione degli alimenti stessi.
L’iperfagia prandiale è spesso il risultato di consolidate abitudini familiari, ed è non di rado associata a stereotipi culturali. Gli eccessi alimentari durante i pasti possono determinare l’insorgenza di una obesità marcata qualora tale comportamento sia frequente, ma il peso può rimanere entro i limiti del sovrappeso (BMI<30) se esso risulta episodico.
Si possono distinguere due categorie di iperfagici prandiali: i golosi e i divoratori. I golosi amano il cibo e tutto quello che ne permette una assunzione il più possibile appagante, a cominciare dalla compagnia con cui si va a tavola. I divoratori invece tendono a privilegiare la quantità sulla qualità, raramente preparano i piatti che poi consumeranno in compagnia, mangiano più velocemente dei golosi senza peraltro perdere il controllo sulla quantità.
Per grignottage si intende il mangiucchiare piccole quantità di cibo, soprattutto dolci e grassi, quindi alimenti altamente calorici, durante buona parte della giornata. Il grignotteur, così come l’iperfagico prandiale, mangia lentamente e apprezza quello che sta mangiando, a differenza del primo però, spesso mangia in risposta a noia o malesseri fisici vari. Ad un esame psicologico si possono riscontrare modesta autostima, tratti ansiosi di personalità o vere e proprie sindromi ansiose o depressive, in genere di modesta gravità.
Il binge eating disorder, disturbo da alimentazione incontrollata è invece una sindrome molto più grave e complessa dal punto di vista psicologico. Il comportamento alimentare di questi soggetti è caratterizzato da abbuffate episodiche (del tutto simili a quelle dei pazienti affetti da bulimia nervosa) accompagnate da perdita di controllo e seguite da deflessioni dell’umore. Per abbuffata si intende un episodio alimentare caratterizzato dall’introduzione di una grande quantità di cibo (assai superiore a quella che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo di tempo e in circostanze simili) accompagnata dalla sensazione di perdita del controllo.
Oltre alle abbuffate questi pazienti presentano un disordine alimentare per cui non sono in grado di sistematizzare il loro comportamento alimentare, sia nei periodi liberi da abbuffate, sia durante i momenti della giornata in cui l’abbuffata si verifica.
Pensare di intervenire sulla dieta e sulla prescrizione nutrizionale senza avere esplorato la componente psicologica e la motivazione del soggetto è un errore. I risultati delle diete “forzate” sono infatti destinati a essere di breve durata se la persona sovrappeso non riesce a trovare la giusta motivazione per occuparsi della sua salute, della sua alimentazione e del suo corpo. Il fat shaming che ho menzionato in precedenza contribuisce grandemente alle diete improvvisate e drastiche da un lato, all’aggravamento di sintomi ansiosi e depressivi dall’altro o alla reazione difensiva per eccellenza: il rifiuto di occuparsi della propria salute per affermare il (peraltro sacrosanto) diritto di essere rispettati qualunque sia il proprio peso e la propria forma fisica.
L’intervento sul sovrappeso va pensato su livelli diversi:
- educazione della popolazione sui principi di fame e sazietà e sui diversi nutrienti che troviamo nei cibi;
- educazione della popolazione sui corretti stili di vita utili a raggiungere/mantenere un peso salutare (attività fisica piacevole, igiene del sonno, lotta alla sedentarietà anche a scuola e sul posto di lavoro se necessario);
- educazione psicologica sulle funzioni “emotive” e relazionali del cibo, a partire dalle coppie in gravidanza e con lattanti o bambini piccoli, alle famiglie che preparano e scelgono i cibi per i bambini di casa, fino a chi organizza le mense scolastiche;
- educazione della popolazione all’utilizzo delle tecniche che, aumentando le endorfine e regolando gli ormoni dello stress, possono ridimensionare la fame emotiva;
- educazione del personale sanitario alla gestione, relazionale e psicologica e non soltanto clinica della persona sovrappeso;
Tra gli interventi più strutturati e semplici da programmare ci sono quelli ispirati al modello della Terapia Cognitivo Comportamentale, integrato con valutazioni ed interventi medici e dietetici. L’intervento integrato si è dimostrato efficace per
- migliorare il quadro psicologico (bassa autostima, ansia, depressione),
- diminuire le abbuffate e migliorare il comportamento alimentare,
- promuovere la perdita di peso
- raggiungere (e soprattutto mantenere) un peso salutare