I disturbi d’ansia e il panico

Quando parliamo d’ansia è opportuno considerare innanzitutto che la reazione ansiosa è una risposta che nasce come fisiologica in tutti i mammiferi. Il sintomo ansioso, e la conseguente reazione di attivazione dell’organismo in particolari condizioni di pericolo o disagio, cioè quando il nostro sistema nervoso arcaico registra una situazione d’allarme, serve infatti a riconoscere un pericolo imminente, e attuare una reazione di difesa (quasi sempre coincidente con la fuga o l’attacco), in modo da aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza. Dunque l’ansia, intesa come insieme di emozioni del cluster “paura” e le sue reazioni fisiche e comportamentali nascono come meccanismo di protezione.

Avvertire una sensazione di panico è quindi una reazione intrapsichica e poi psico-somatica che vorrebbe salvarci dal pericolo imminente. Durante l’espressione di questa emozione, spesso molto violenta, per velocità d’innesco, profondità di diffusione, e durata, le persone subiscono numerose attivazioni endocrine e neurobiologiche: si altera la frequenza cardiaca, la respirazione si fa veloce e superficiale, vengono rilasciati adrenalina e cortisolo in grandi quantità, i muscoli consumano molto più glucosio e aumentano la loro contrattilità e resistenza.

DI fronte a un predatore nella giungla o ad un insidioso serpente velenoso, la reazione ansiosa è un fenomeno del tutto naturale .

Ma nelle nostre città, nei nostri luoghi di villeggiatura, sul posto di lavoro o a scuola, non ci sono pericoli imminenti di questo tipo (le classiche situazioni life threatening, come dicono gli angolofoni), tali da giustificare la frequenza e la ricorrenza dei disturbi d’ansia oggi.

Non ci sono più tutti i pericoli che l’uomo primitivo o gli erbivori dovevano affrontare nel passato, ma noi uomini abbiamo conservato intatto questo sistema, e negli ultimi due secoli, abbiamo iniziato a subirne le conseguenza.Oggi, una persona su 4 nella sua vita si ammala di un disturbo d’ansia. Nelle società occidentali, questo fenomeno sembra legato all’aumento dello stress legato a condizioni di vita sempre più frenetiche e alla competizione sfrenata: basti pensare che i manuali di medicina cinese di duemila anni fa, pur classificando alcune delle più comuni patologie psichiche, non fanno menzione dell’ansia, che è rimasta sconosciuta fino a pochi decenni fa.

Oggi la parola “ansia”, come la parola “depressione” e “panico” sono molto inflazionate. Si tende a confondere la normale ansia intesa come attivazione preparatoria ad un evento che modifica la nostra omeostasi (in positivo, non necessariamente in negativo), con il panico, o con un disturbo psichiatrico.

Confondere l’ansia di base (che ricordiamo, fa parte delle emozioni fondamentali dell’uomo, e non è di per sè patologica), con la malattia, ha alcuni effetti collaterali: innanzitutto aumenta il numero di soggetti che si percepiscono malati (anche in condizioni in cui provare l’ansia è fisiologico, tipo dopo un incidente d’auto, o in seguito comunque a un evento percepito come pericoloso o doloroso), e aumenta la difficoltà a tollerare livelli d’ansia anche minimi. Come conseguenza di questo, sempre più persone semplicemente “desiderano” non avere più ansia, e si rivolgono al medico (specie al medico di base) chiedendo un rimedio farmacologico sintomatico.

Per questo motivo, per il maluso che si fa e si è fatto negli ultimi trent’anni di una categoria di farmaci piuttosto controversa, come le benzodiazepine, che da sintomatici, sono diventati per molte persone vere e proprie sostanze d’abuso, è necessario sapersi orientare nel confuso mondo dell’ansia, distinguere la malattia dal sintomo, distinguere la gravità, e soprattutto valutare con cura le opzioni terapeutiche migliori.

Molto spesso, nella mia esperienza con i clienti (sia uomini che donne, sia giovani che adulti, alle prese con disturbi d’ansia di varia entità e gravità, sempre molto invalidanti), i disturbi d’ansia esordiscono quando nella vita della persona avvengono cambiamenti (esterni o interni, fisiologici o patologici che siano) che la psiche non riesce a integrare.

Il che non significa necessariamente che questo conflitto sia vissuto a livello conscio e venga razionalmente riconosciuto: molto frequentemente, i clienti si rivolgono al terapeuta per risolvere il disturbo d’ansia, dicendo anche che “se non fosse per l’ansia, la loro vita sarebbe perfetta e loro non avrebbero nulla di cui lamentarsi”.

L’ansia spesso esordisce in modo così repentino e invalidante che le persone non riescono a pensare “oltre l’ansia”. Temono che il disturbo si allarghi a tutta la loro vita, la condizioni per sempre, e la peggiori, e molto spesso iniziano a vigilare sui segni del disturbo, anche quando la situazione sembra tranquilla e apparentemente non ci sono motivi per temere il peggio.

Questo sistema di ipervigilanza e ipercontrollo spesso scaturisce in un vero e proprio “evitamento” di tutte le situazioni che rischiano di perturbare l’equilibrio e provocare sintomi (anche minimi) di ansia.

Se non curati, (possibilmente in modo integrato, e quindi combinando una appropriata terapia farmacologica quando occorre, e una psicoterapia o un percorso di counseling) i disturbi d’ansia finiscono per appropriarsi di una grande fetta di vita della persona, che finisce per vivere all’interno di un recinto spesso assai circoscritto, e spesso, ahinoi, molto insoddisfacente.

E’ per questo che conoscere bene i sintomi d’ansia, le diverse sintomatologie ansiose, e avere cura di sè e di come regiamo ai cambiamenti e agli stimoli “minacciosi”, è importante per la nostra salute e la salute delle nostre relazioni.

Ricapitolando:

l’ansia è una emozione complessa e arcaica, che oggi è avvertita come sensazione di attesa di qualcosa d’indefinito e spiacevole, non identificabile né definibile con precisione, molto allarmante e fastidioso.

I disturbi d’ansia hanno sempre un origine che va oltre il sintomo banale (es: paura del vuoto, o dell’autostrada, o di fare brutta figura, o della folla), e più spesso emergono a seguito di cambiamenti che la psiche non è riuscita ad integrare in modo fluido.

Alcune patologie organiche (anemia, ipertiroidismo) possono mimare il panico, e vanno sempre indagate, prima di fare diagnosi avventate.

La terapia d’elezione è una terapia integrata: i disturbi d’ansia NON si curano con la sola farmacoterapia (in genere, salvo casi selezionati, una volta che si sospende il farmaco i sintomi dopo qualche tempo ritornano da capo), e men che mai con le benzodiazepine, che ottengono solo una temporanea riduzione dei sintomi ma non aggrediscono il cuore del disturbo.

All’interno della categoria dei disturbi d’ansia si trovano sindromi cliniche assai diverse tra loro.

  • l’ansia generalizzata
  • il disturbo da attacchi di panico
  • l’agorafobia
  • le fobie semplici
  • la fobia sociale
  • il disturbo ossessivo-compulsivo
  • il disturbo post-traumatico da stress (PTSD)

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