Gravidanza, post partum e sintomi ossessivi

Dottoressa, ho vergogna a dirle queste cose, mi sembra di essere matta, non oso dirlo neanche a mio marito. Nessuno lo sa, ma io ho dei pensieri assurdi che mi fanno paura, e forse non sono una buona madre.”.

Molto spesso ho ricevuto in ambulatorio donne in gravidanza o madri di neonati di pochi mesi molto provate da un sintomo invasivo e disturbante, come solo un’idea fissa e incontrollabile a volte può essere.

La maggior parte di queste madri presentava un timore incontrollato di fare del male al proprio bambino, di commettere gravi errori nel suo accudimento, di poter perdere la testa e “impazzire”, macchiandosi di crimini efferati.

Nessuna di queste madri desiderava nuocere al proprio amatissimo bambino, ma tutte temevano con un livello di probabilità più vicino al 100% che allo 0%, di poter essere assalite da un raptus di discontrollo, e dunque di arrecare un danno grave.

Per molte, il rischio maggiore era rappresentato dalle scale o dalle finestre, fonti di estrema angoscia (anche fisica, con palpitazioni e capigiri) e di incessanti tormenti (e se adesso lo buttassi? e se mi cadesse perchè mi distraggo?), dagli utensili da cucina (in primis i coltelli, ma anche vari accessori appuntiti), dalla vasca da bagno, o dalla piscina (potrei buttarlo senza accorgermene…potrei lasciarlo cadere).

Questi pensieri si caratterizzano per la massima invadenza, per il fatto di innescare una sintomatologia ansiosa prepotente, anche dal punto di vista fisico, e per il fatto di comparire o rafforzarsi fortemente quando la gestante o la puerpera sono lasciate sole in una stanza, o in casa. Nei casi più lievi la compagnia rassicurante di una persona cara è sufficiente ad attenuare la morsa dei pensieri ossessivi, che tuttavia sono destinati a rimanere sottosoglia anche per giorni, per poi ripresentarsi nel primo momento di fragilità  ( ogni donna che ha avuto figli sa bene che soprattutto in gravidanza e nel primo anno di vita del bambino anche nelle situazioni più serene possono presentarsi momenti critici, in cui è bene non essere lasciate sole).

Queste clienti giungono spesso in ambulatorio dopo mesi di tortura: raccontano di essere molto spaventate dai sintomi, di vergognarsene molto (pensano infatti che questi pensieri siano indice di scarso istinto materno, o di follia, e si ritengono madri snaturate), di avere attuato tentativi di compenso per arginare l’ansia (ad esempio, affidare le cure primarie del bimbo alla propria madre o alla suocera, delegare mansioni molto semplici, come attraversare la strada, o un ponte, a terze persone), di essersi interrogate su cosa non va nel loro rapporto col bambino. Alcune, hanno finito per malinterpretare ogni reazione del bambino (che specialmente nei primi mesi utilizza il pianto come prima modalità comunicativa) come segnale della loro inettitudine o incapacità. Un paio di loro, è arrivata a prendere una “tata” fissa, in modo da delegare in toto ogni cura del figlio a una professionista “che sapesse sempre cosa fare per far stare bene il bambino“.

I sintomi sopra descritti rientrano a buon titolo nell’eterogeneo insieme dei disturbi d’ansia, fanno parte del cluster ossessivo, e possono comparire anche in assenza di precedenti per disturbi ossessivi o ansiosi. Molto spesso, avere “alcuni pensieri” sull’incolumità del figlio o sulla propria competenza fa parte del naturale percorso di maternità, e non devono destare alcuna preoccupazione.

Quando invece ci troviamo alle prese con idee fisse e ricorrenti, che razionalmente sembrano assurde e ego-distoniche (cioè, sappiamo di non avere alcuna intenzione di compiere quell’azione), ma ugualmente ci sentiamo che potremmo perdere il controllo e compiere cose al di fuori della nostra volontà, e questo si accompagna a signitifcativa sofferenza o una modificazione del nostro umore e dei nostri comportamenti, è molto importante poterne parlare con uno specialista.

I pensieri ossessivi infatti, possono sfociare in due grandi disturbi: il disturbo ossessivo compulsivo classico, in cui si arriva a tentare di contrastare il pensiero con un “azione rituale compensatoria” (compulsione) che vanifichi il pensiero stesso (e in questi casi la compulsione primaria rischia di essere la pulizia eccessiva dell’ambiente in cui vive il bambino, del bambino stesso, o l’adozione di rigidi rituali di “decontaminazione” dell’ambiente e delle persone che entrano in contatto col neonato), o la depressione, reattiva al accumulo di stress dovuto a un sovraccarico emotivo ripetuto.

E’ importante sottolineare che esistono diverse modalità d’intervento per disturbi di questo tipo, e che alcuni semplici accorgimenti possono ridurre l’ansia e permettere alla mamma di rinforzare le sue strategie di compenso, ricentralizzarsi rispetto alle sue competenze e alle sue capacità, e raggiungere un nuovo equilibrio.

In breve: cosa è il Disturbo Ossessivo Compulsivo

Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) colpisce il 3-5% delle madri nel periodo successivo al parto. È caratterizzato dalla presenza di pensieri o immagini mentali intrusivi, ripetitivi e persistenti, che solitamente riguardano gesti di nocumento contro il bambino, (ferirlo, ucciderlo).Questi pensieri sono percepiti come spaventosi e terribili (egodistonici), le madri temono che potrebbero veramente metterli in atto e adottano numerose strategie per evitare che queste immagini mentali possano realizzarsi.

Ad esempio la madre affetta da DOC finisce per evitare di entrare in cucina o di cucinare per non maneggiare coltelli, evitare di prendere in mano strumenti appuntiti o affilati, evitare di affacciarsi alle finestre, ai balconi o scendere le scale col bambino o di permettere a terzi di fare queste cose in sua presenza, evitare di fare il bagno al bambino o di prenderlo in braccio per timore di farlo cadere. Spesso le madri sentono di non volere affatto nuocere al loro bambino, ma temono di poterlo fare in modo incontrollato, e non si fidano più di loro stesse.

La presenza di tali pensieri può accompagnarsi a rituali compulsivi, che inizialmente riducono l’ansia; molto diffusi i rituali di controllo su porte e finestre e di pulizia (se mio figlio si ammalerà, sarà tutta colpa mia perché non ho pulito abbastanza), che si caratterizzano per la lunga durata e la ripetitività.

Il principale fattori di rischio per lo sviluppo di disturbo ossessivo compulsivo post-partum è la presenza di una precedente storia di DOC, personale o familiare.

Il trattamento di questo disturbo si basa, come quello del disturbo ossessivo compulsivo classico, sulla combinazione di un percorso di psicoterapia e quando necessario di una opportuna terapia farmacologica, a cui spesso si ricorre perché i sintomi sono talmente invadenti e pervasivi da diventare invalidanti.

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