“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano” A. Saint Exupery
“Vorrei un libro per mia figlia che non vuole mollare il ciuccio”
“Vorrei un libro per bambini che parla delle mamme che vanno a lavorare”
“Vorrei un libro per spiegare a mia figlia di sette anni che io e il papà ci stiamo separando”
“Vorrei un libro per spiegare a mio figlio di 4 anni che bisogna mangiare le verdure/
che non si deve essere timidi
che bisogna essere gentili
che non si deve essere bulli
che si deve essere generosi.”
Orbene.
Occorre una precisazione per riflettere tutti insieme dei grandi danni che l’enorme disponibilità di libri e la vita frenetica che viviamo, combinati insieme, hanno provocato al nostro immaginario.
Siamo davvero convinti che i libri per bambini siano sul mercato per insegnare a Giovanni a non essere timido?
Dove lo abbiamo imparato che un libro è come un cerotto di plastica, e non come una nonna dalle braccia robuste che bagna un pezzettino di carta gialla e mentre la poggia sul ginocchio livido racconta una novella dei suoi tempi sulla bellezza di giocare a nascondino nell’aia?
La letteratura per l’infanzia e i libri per bambini e ragazzi che la compongono non hanno niente a che vedere con questo genere di richieste ” fast and furious“.
Come dice Rodari in più di un’occasione, l’incontro del bambino con il libro ha qualcosa di magico, di giocoso, di sacro, di sconfinato. Ne La freccia azzurra, Rodari scrive:”Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire a educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo.“ evidenziando la magia di questo incontro che apre a possibilità sempre nuove e non pre-determinate o precotte.
Il libro è un mezzo per scoprire un pezzettino di mondo nei riverberi che questo mondo attiva in noi stessi. È un mezzo per scoprire e per scoprirsi: è un mezzo che apre a interrogativi e scoperte. Mai e poi mai dovrebbe essere un mezzo per chiudere con rispostine preconfezionate e insoddisfacenti. Mai e poi mai il libro dovrebbe essere il sostituto dell’adulto, che dal libro può farsi aiutare per affrontare determinate tappe di crescita del bambino, ma dal libro non può farsi sostituire. Non funziona così.
La letteratura per l’infanzia è un giardino sempreverde e sempre aperto, anche in età avanzata. La buona letteratura attiva e riattiva riflessioni, sensazioni e domande sempre nuove.
Dovrebbe far parte del prontuario di grandi e piccini, essere lì, pronta per essere riletta e rivisatata al bisogno (c’è sempre un momento in cui bisogna rileggere la letteratura per l’infanzia e prenderne un pezzetto per noi, nel qui ed ora).
Usare i libri per “convincere” i bambini a fare delle cose o a smettere di farne delle altre è un utilizzo del libro che si avvicina molto a questo, citato da Rodari nella Grammatica della fantasia:
“L’incontro decisivo tra i ragazzi e i libri avviene sui banchi di scuola. Se avviene in una situazione creativa, dove conta la vita e non l’esercizio, ne potrà sorgere quel gusto della lettura col quale non si nasce perché non è un istinto. Se avviene in una situazione burocratica, se il libro sarà mortificato a strumento di esercitazioni (copiature, riassunti, analisi grammaticale eccetera), soffocato dal meccanismo tradizionale: «interrogazione-giudizio», ne potrà nascere la tecnica nella lettura, ma non il gusto. I ragazzi sapranno leggere, ma leggeranno solo se obbligati.”
La letteratura per l’infanzia andrebbe valorizzata perché è un patrimonio fruibile da tutti, attraverso le biblioteche e le numerose risorse online e perché contiene i semi della crescita, della saggezza, del divertimento e della storia dell’umanità e delle generazioni.
Eppure la letteratura per l’infanzia viene definita “oggetto misterioso e cangiante”, data la sua intrinseca difficoltà ad essere descritta in modo univoco e unitario.
La nascita della letteratura per l’infanzia è collocata alla fine del seicento con La Fontaine e Perrault, si sviluppa tra settecento e ottocento per poi raggiungere i giorni nostri e le sue attuali (e molteplici) forme di espressione.
Nel corso del tempo la letteratura per l’infanzia ha subito numerosi cambiamenti, a partire dai suoi “scopi”, che si sono modificati adattandosi al divenire dei contesti storici e culturali: si è passati da una letteratura precettistica, con una componente pedagogica fortemente direttiva, ad una letteratura finalmente centrata sull’infanzia, nel suo più profondo significato e nella sua più intima e universale natura. Lo “spartiacque” tra questi due mondi è riconosciuto in Pinocchio, la prima opera nella quale il bambino è rappresentato in quanto tale, al culmine delle sue infinite declinazioni e possibilità, ribellione inclusa.
La letteratura per l’infanzia è importante “specchio” del suo tempo, e specchio dei cambiamenti tra le diverse epoche storiche e le diverse generazioni: può essere definita letteratura “per” solo quando ha al centro il bambino, “lector in fabula” e “il suo discorso” (Pitzorno), quando arriva al bambino e ai suoi mondi con i linguaggi, le espressioni e i temi dei bambini. Negli anni molte proposte editoriali “per bambini”, che per bambini non erano, sono state rigettate dai bambini stessi, alla ricerca di storie curiose, di storie senza tempo, di immaginari e di possibili immedesimazioni. A Rodari e alle sue opere si deve il prezioso contributo di stimolare nei bambini il dialogo, l’osservazione, il confronto: il pensiero divergente, nato con Collodi, si struttura negli anni sessanta e si diffonde finalmente anche grazie a numerosi autori ed editori.
Adulti curiosi ed osservatori, che sperimentano “le parole per dirlo” con e per i bambini: attraverso il libro diviene possibile toccare tutti gli aspetti della vita umana, anche quelli edulcorati da altri media o ritenuti estranei al mondo dell’infanzia, “indicibili”, come la morte, la malattia, la violenza, la sessualità.
Il libro per l’infanzia diviene dunque prezioso medium non solo per apprendere, ma anche per comprendere e comprendersi, con uno sguardo introspettivo estremamente prezioso per il bambino e il ragazzo, che viene invitato a fare un’esperienza multisensoriale ed esistenziale profonda intrinseca all’atto stesso del leggere. Tale esperienza è un’esperienza che ritengo senza tempo e senza età: la letteratura per l’infanzia riguarda infatti anche i bambini piccoli e piccolissimi, in primis attraverso le loro famiglie: l’incontro con il libro e con “la storia” (anche quando è quasi senza parole, o “tutta di immagini”, o squisitamente semplice) diviene luogo privilegiato di comunicazione tra adulto e bambino, spazio nel quale è possibile perlustrare, soffermarsi, ascoltare ed esplorare, pagina dopo pagina.