Quando abbiamo parlato del tabù in un precedente post abbiamo accennato di quanto potere abbia a livello culturale e sociale porre un “veto” su un determinato tema, su una parola, su un comportamento.
Ogni società nel corso del tempo arriva a sancire, ridefinire e rimodulare di generazione in generazione i suoi personali codici di appartenenza: alcuni argomenti risultano scomodi generazione dopo generazione, in più culture e in gruppi sociali molto diversi tra loro.
Gli argomenti scomodi appartengono solitamente a aree ben definite, e ogni argomento si distingue da argomenti “comodi” o “neutri” perchè attiva, emotivamente e cognitivamente, specifiche reazioni difensive in chi lo affronta. Le società “selezionano” argomenti scomodi in base alle reazioni che certi argomenti suscitano nella maggior parte delle persone. La genesi di un tabù si compie quando di fronte a un determinato tema, evento, o parola assurta a simbolo di un tema più ampio e complesso, la reazione collettiva è quella di rifiuto-negazione del tema-evento-parola (su questa cosa non c’è niente da dire; di certi argomenti è bene non parlare) o di aggressività ai danni di chi porta il tema allo scoperto.
Il tabù sopravvive grazie a questi due meccanismi:
- il silenzio assordante sull’argomento,
- l’isolamento e l’emarginazione di chi vuole rompere il tabù o la franca aggressività nei suoi confronti, per ridurlo al silenzio.
Molti degli argomenti socialmente scomodi, per diventare tabù e quindi sparire dal dicibile e dal condivisibile, passano dalla strada dello stigma.
Lo stigma è uno strumento molto potente e ampiamente utilizzato nelle varie società, da sempre estremamente affascinate dalla possibilità di dividere, distinguere, classificare persone, comportamenti e pensieri secondo parametri arbitrariamente riconosciuti come “oggettivi” dalle società proponenti.
Stigma è un termine che viene dal greco, e ha diversi significati, tra i quali “marchio, macchia, puntura” e “In psicologia sociale, [stigma indica l’] attribuzione di qualità negative a una persona o a un gruppo di persone, soprattutto rivolta alla loro condizione sociale e reputazione: un individuo, un gruppo colpito da s. psico-fisici, razziali, etnici, religiosi”.
Ci piace pensare di essere tutti un pò fratelli di quel Linneo, che trascorse la sua vita a classificare piante e animali, secondo un rigoroso metodo scientifico: solo che classifichiamo non secondo scienza, ma secondo i condizionamenti della nostra cultura di appartenenza, dei suoi tabù e dei suoi stigma.
Ed ecco che appena nati, mentre siamo intenti ad imparare il mondo attraverso i nostri occhi e attraverso il rispecchiamento con le nostre figure di riferimento (mamme, papà, nonni, maestre del nido e della scuola d’infanzia, gruppo di pari), immagazziniamo le esperienze che facciamo ma anche gli insegnamenti che apprendiamo dagli altri.
“Viene l’uomo nero, se fai i capricci” = l’uomo nero è pericoloso e punisce
“Lasciala stare la zia che lei è una femminuccia” = le femmine non vanno considerate
“La mamma è triste e non ti ci mettere anche tu” = le persone tristi vanno lasciate in pace
“Se non vuoi diventare grassa come la nonna, smetti di mangiare il pane” = le persone grasse non vanno bene
“Se la viziavano meno, non prendeva l’anoressia” = l’anoressia è un capriccio
“Con quella mamma lì, sarei diventato autistico anche io” = l’autismo è una reazione a gravi colpe materne.
Questi sono solo alcuni degli effetti nefasti dello stigma sulla nostra vita e sul nostro benessere.
La salute mentale è al centro della salute e del benessere di ogni persona, di ogni età e in ogni cultura.
Le campagne mondiali per la promozione della salute mentale promosse da OMS sono ben consapevoli della pericolosità dello stigma al fine di raggiungere gli obiettivi previsti per la salute mentale: nel piano d’azione la lotta allo stigma è presente in 16 voci, nel documento europeo in 12.
Tra le altre, i documenti per la tutela e la promozione della salute mentale, e quindi per la promozione della salute generale, intesa come benessere bio-psico-sociale, osservano quanto segue:
“A causa della stigmatizzazione e della discriminazione, le persone con disturbo mentale vedono violati i loro diritti umani e molte di loro vengono private dei loro diritti economici, sociali, e culturali – sono vittime di limitazioni nel diritto al lavoro, all’istruzione, alla procreazione ed alla possibilità di ottenere le migliori condizioni di salute”
“Le strategie ad ampio raggio di promozione e prevenzione dei disturbi mentali per l’intero ciclo di vita possono concentrarsi su: leggi antidiscriminatorie e campagne di informazione contro lo stigma e le violazioni dei diritti umani che troppo spesso accompagnano il disturbo mentale;”
“Intraprendere azioni volte a contrastare lo stigma, la discriminazione e le altre violazioni dei diritti umani, nei confronti delle persone con disturbo mentale e disabilità psicosociali.”
“Favorire la promozione e la diffusione di programmi educativi obiettivi che affrontino temi quali la prevenzione dei suicidi, lo stigma e la discriminazione, la demenza, il consumo di sostanze e alcol”;
Una società stigmatizzante e caratterizzata da un numero generoso di tabù tenderà a perpetuare i suoi tabù e quindi le sue difficoltà una generazione dopo l’altra.
Una società ricca di tabù e fortemente stigmatizzante, come quella in cui viviamo oggi, perpetra il disagio mentale, ed è ben lontano dal mettere in pratica tutte le azioni di contrasto allo stigma e di promozione della salute mentale descritti nei documenti internazionali e nazionali.
Come cambiare rotta?
Riflettendo sul potere dei condizionamenti cognitivi appresi nell’infanzia e in adolescenza e promossi dai media.
Riflettendo sul peso che lo stigma e il tabù hanno nel nostro processo decisionale.
Riflettendo sull’impatto che un’educazione stigmatizzante e ricca di tabù ha sulla salute delle generazioni future.
Sulla salute dei nostri figli.
#eliberacidallostigma
Per approfondimenti:
Enciclopedia Treccani
Piano d’azione europeo per la salute mentale
Piano d’azione per la salute mentale 2013-2020